Dimissioni irrevocabili

Ci sono periodi no. Periodi nei quali sembrano tutti coalizzati: sorte, figli, marito, persino i gatti. Una congiura globale per farmi ammattire.
Ci sono attimi nei quali vorrei emulare la compianta zia Ada, che mi raccontano inseguisse i figli per casa, brandendo una ciabatta, al grido di “Perché non mi sono fatta monaca, quella volta???”
Ecco. Magari monaca no, ma donna dedita a scienza e conoscenza, quello sì: e single forever, soprattutto. Com’era nei miei originari progetti.
Così, accarezzo improbabili sogni di ercolino: Adesso dò le dimissioni: da tutto. Moglie, madre, gattara: basta. Mi hanno esaurita, non li sopporto più!
Poi, vedo il maggiore alzarsi all’alba, per accompagnare la sorellina a scuola: oggi c’è la gita a Verona. Dopo averla supportata nell’allestimento della sua relazione, se la porta al pullman e  l’andrà anche a riprendere: “Come faccio a resistere, quando mi guarda in quel modo? E’ la mia unica sorellina!”
Ottanta chilometri in un giorno, per amore degli occhioni della sua piccolina: sono passati sedici anni, da quando le cambiava il pannolino. Però lui non è cambiato: se la coccola, ora come allora.
Ed ecco già formarsi la prima crepa, nel muro della mia determinazione dimissionaria.
Poi, mi piomba in camera il quarto, che mi rivela di sentirsi diverso, da quando l’hanno cresimato: e come lui, l’intero gruppo di banditi che frequenta. Tanto che stasera l’intera classe parteciperà a un’iniziativa caritatevole organizzata dal Don. Non ci posso credere: quel sacerdote ha dichiarato che non era venuto lì a far miracoli. E invece mi sa che un miracolo l’ha proprio fatto…
Sempre più scossa, scendo a valle, per metter su la cena: incrocio il filosofo, di ritorno dalla facoltà e in partenza per casa della morosa. A parte che mi comunica di aver passato il compitino della scorsa settimana – notizia che mi manda in orbita dalla felicità: sono molto partecipe delle vicende scolastiche delle belve – vedo che inforca il velocipede della sorella.
“Tesoro! Sono cinque chilometri… Vuoi che ti porti in auto?”
“No, no, vado in bici. Faccio un po’ di moto, risparmio benzina e non inquino. Ciao, mamma!” mi saluta, allegro. Lasciandomi a crogiolarmi nell’orgoglio, ça va sans dire.
Il muro è sempre più traballante.
Prendo il cellulare, accorgendomi che c’è una chiamata non risposta. E’ del marito.
Mi affretto a chiamarlo: “Finalmente!”
“Ciao, tesoro. Scusa, ero di sopra, non ti ho sentito. Avevi bisogno di qualcosa?”
“Sì. Di te.”
“Mhm. Dimmi: che devo fare?”
“No, no. Volevo proprio te: non ti vedrò per tutto il giorno. Che almeno senta la tua voce…”
L’universo, già ostile e alieno, si tinge improvvisamente di rosa: “Ohhh, ammoooore! Quanto sei romantico…” mi sdilinquisco io. Con tanti saluti alle mie irrevocabili dimissioni.
Al suo rientro, la Miss mi assesta la mazzata finale. Mi saluta con un gioioso: “Ciao, pennuto!” cui segue relazione dettagliata della sua spedizione da guida turistica, della quale è orgogliosissima. Sembra sia riuscita a polarizzare l’attenzione dei suoi ascoltatori, più di una calamita.
Poi, è seguito l’immancabile shopping: al negozio Disney. Dove si è comprata una penna piumata.
“Mamma, dobbiamo andare a Verona, noi due. Ci sono un sacco di cose da vedere e ancora di più da fare!”
“Certo che ti ci porto, stella. Adoro uscire con te!”
Sorriso radioso e buffetto alla mamma-tacchino: “Vado a letto, pennuto. Sono sfinita!”
“Buona notte, amore.”
Eccola lì. Questa famiglia ha la capacità di sgretolare tutta la mia determinazione, accidenti: sono diventata una mozzarella.









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