Resistenza passiva

Un proiettile grigio schizza davanti alla porta della cucina, in direzione bagno: slitta in derapata, tenta il recupero con quattro colpi di zampa posteriore, ma la lucidatura a olio del parquet lo frega. La Miss gli è subito sopra, belando: “Vieni qui, Maschietto! Possibile che mi scappi sempre???”
I nostri certosilli, due guastatori di rango, vivono confinati tra la nostra camera da letto, il bagno, l’antibagno e la terrazza. Un consistente numero di metri quadri, per due gatti soli: solo che quelli si credono esploratori e fuggono a ogni possibile occasione.
Dall’antro di Jurassico parte un allarme tanto stentoreo quanto tardivo : “Micio in fugaaaa!”
L’ululato è l’unica iniziativa che prende. Io mi affaccio, per scoprire che, grazie al cielo, la situazione è sotto controllo.
Quando l’evaso viene ricacciato in galera, la sorellina riesce a dribblare le tibie della Miss e si dà alla fuga a sua volta. Seguono scene da poliziesco americano, ma stavolta è la bestia ad avere la meglio: dopo la solita scala a scapicollo, s’infila sotto il divano in stireria, in posizione imprendibile, e lì rimane, in attesa di eventi.
La fanciulla se ne va offesa, dichiarando: “Io mi devo fare i capelli. Catturatela voi, quando esce!”
Altro ululato dallo studio: “E’ scappata una gatta!!!” seguito da un silenzio assordante. Quello dev’essere legato alla sedia.
Mollo la cena di nuovo, sigillo gli ingressi, e dopo cinque minuti il felino, sentendosi abbandonato, inizia a piangere dietro la porta.
Jurassico fa il sordo – o forse lo è: si tratta di una faccenda dubbia – così alla gatta ci devo pensare io. Tanto per cambiare. Approfitto per portare anche il cibo per le belvette, con una manovra da giocoliere: due piatti, una micia, due sole braccia. Tutto va bene fino alla soglia della camera di sicurezza: qui Femminuccia capisce le mie intenzioni e si lancia a tuffo, piantandomi addosso gli artigli.
“AHIA!!!” strillo. Nessuno ode i miei lamenti. E se anche li sentono, li ignorano.
Torno ai miei fornelli, per scoprire che Jurassico è giunto in cucina, deciso a fare un piccolo antipasto: essendo a dieta, si è divorato mezza confezione di peperoni sottolio, con pane a volontà. Un regime strettamente ipocalorico.
La tavola è ricoperta di briciole. E basta. Di apparecchiare, data l’ora, non lo sfiora nemmeno l’idea.
“Possibile che viva con cinque persone e che debba fare tutto io???” protesto, appena un po’ alterata.
Il nostro coglie la sottile sfumatura e raggiunge con flemma il lavello, procacciandosi una micragnosa spugnetta, con la quale tenta di ripulire il delirio che ha lasciato sul tavolo.
“Scuoti fuori la tovaglia, che fai prima!” suggerisco gelida, con tono che non ammette replica. Silenzio assenso, da parte del marito. O così credo io.  
Un rassicurante acciottolio di stoviglie, alle mie spalle, mi dice che l’uomo sta sistemando i coperti. Quando mi volto, pare che lì sopra sia scoppiata una granata: le righe della tovaglia  sono contorte come serpi impazzite, piatti, bicchieri e posate sembrano stati lanciati da metri di distanza, senza contare che è tutto messo a rovescio. Quanto ai tovaglioli, missing in action.
Tale visione mi fa perdere del tutto le staffe: “Senti, se io al computer facessi il casino che hai fatto tu qui dentro, avresti già chiesto il divorzio. Guarda che il cervello non lo devi mandare in stand by, quando fai qualcosa in casa! Ma che sei, un cavernicolo? Trovi mai la tavola conciata così, quando ti siedi a mangiare??? E spiegami, come le usi le posate, messe giù in quel modo inverecondo? Con le braccia a X?!”
Ostentando un’aria innocente, il malvagio mi risponde: “Ehhh, scusami, sono mancino…”
“Anch’io! Infatti, adesso è con la sinistra che afferrerò questo coltello e lo userò contro di te!” ringhio, minacciosa. Solo l’arrivo del bestiario al gran completo, spinto a valle dalla fame, mi impedisce di renderli tutti orfani di padre.
Padre che, a sole ventiquattr'ore di distanza, si dimostrerà in grado di apparecchiare tavola che nemmeno al Grand Hotel.
Reduce da un corso intensivo all’Alberghiero? 

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