Istinto di conservazione


“Passami quella bottiglietta, per favore”
“Questa…?”
“Sì. Quella. Grazie”
Il figlio filosofo ha un attimo di titubanza e non esegue fulmineo l’ordine.
Tanto basta per spazientirmi: “Embè? Ce la facciamo? Si può sapere perché la guardi come fosse una bestia strana?”
“Ahem… mamma…’Sta bottiglia è coperta di muffa!”
“Muffa?! Ma che dici? Se l’ho usata ieri e l’ho sciacquata appena tornata dalla piscina!”
“Boh, guarda qui… Secondo me, ti avveleni!”
Afferro l’oggetto, per esaminarlo attentamente. Meglio non correre rischi: anche perché la userò per il the del manigoldo. Un briciolo di istinto di protezione ce l'ho persino io.
“Ossignore. Studenti! Braccia rubate all’agricoltura…Mai sentito parlare di condensa, giovanotto?”
“Mhm?”
“Condensa. Quella non è muffa: è acqua. E’ evaporata durante la notte e ha velato le pareti della bottiglia. Vedi che ora la sciacquo e la presunta muffa si disintegra…Voi tre animali la frequentate così tanto, la muffa, da vederla anche dove non c’è!”
Mi risponde con una risatina sotto i baffi e si disintegra a sua volta, scomparendo senza lasciare traccia. 
Quello che conta è l’intenzione: e lui, nobile creatura, voleva solo difendere la salute della sua mamma.
Il figlio minore, nel frattempo, mi sottopone un altro enigma: “Mamma, ho le coperte che saltano”
“Saltano? Come, saltano?”
“Alle tre di notte mi sono volate via. Da sole. Ho avuto un freddo boia fino a stamattina. Chissà come mai?”
“Perché non stai mai fermo, nemmeno quando dormi. Potevi recuperarle, se avevi freddo. No?”
“Figurati. Accendere la luce, scendere dalla scala, raccoglierle, rifarmi il letto… Troppa fatica!”
“Giusto. Meglio morire assiderati, non c’è dubbio. Perché non ti trasferisci nel letto giù? Sarebbe più comodo di quello a castello.”
“Perché mi sento più sicuro appollaiato lì. E poi… guarda lì sopra. Dove appoggio la mia roba, se mi metto a dormire lì???”
Questo ragiona come un koala. Dorme sui rami, per sicurezza.
In effetti, comunque, il secondo letto è una discarica. C’è persino qualche pezzo di PC rotto, sopra.
“Se non levi subito almeno la biancheria da lavare, ti sequestro la tastiera e il mouse!” minaccio, aggrondata.
Rispondendo a un automatismo indotto, il giovane pirata raccoglie le macerie, formando un cumulo che mi garantisce di riempire la mia brava lavatrice, anche stamattina. Quando ormai ha quasi finito, si raddrizza, con una luce sinistra nello sguardo.
“Ahaaa!!! Ti sfido!”
“Eh? A cosa, mi sfidi?”
“Ti sfido a sequestrarmi la tastiera! Ha un collegamento a sei cavi…Voglio proprio vedere come te la cavi!!!”
Esito, rispondendo dubbiosa: “Ah, sì? Non è wireless, la tua…?”
“Figurati! Quella è roba che usi tu, che al PC ci scrivi e basta! E allora? Come la mettiamo, adesso?” ghigna.
Vigliacco. Crede di avermi in pugno. E sarebbe così, se volessi fare un’operazione di tipo conservativo: ma non è questa la mia intenzione.
Con uno scarto laterale improvviso, afferro un paio di forbici, facendogliele vedere da distante. La mia espressione dev’essere assassina quanto basta a convincerlo: solleva il Monte Putrido e lo precipita giù per le scale. Come da ordini superiori.
Quindi, recupera focaccina e the alla pesca, dandosi a una rapida fuga: ho ancora le forbici in mano. Non si sa mai.

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