E' una vita difficile

Trekking, dunque: su sentieri ancora circondati dalla neve, arranco quasi spolmonata dietro a un marito insensibile e troppo allenato. La mia sofferenza non lo tocca: anzi, lo diverte. Vigliacco.
A quattrocento metri di dislivello accumulati, l’infame si ferma, mi guarda e mi dileggia: “Qui si resta indietro, eh? Ti sto distaccando…”
Non raccolgo la provocazione: già essere arrivata fin qui senza invocare la tenda a ossigeno a me sembra un successone. Gli rispondo quindi con dignità: “Io le gare le faccio solo con me stessa. E le perdo, per giunta. Tu va’ pure avanti, che io qui tento di sopravvivere…”
Ridacchiando, lo scalatore riprende la sua lenta – e inesorabile – ascesa.
I rarissimi viandanti che incrociamo ci salutano tutti con un deciso grussgott: persino i romani veraci. Ce ne fosse uno che non mi scambia per una tedesca.
Giungiamo a un punto del percorso dove un cumulo di neve si mette di traverso alla nostra impresa, imponendo un dietrofront, o una breve arrampicata lungo il versante, per riprendere il sentiero.
Va da sé che il gatto delle nevi opta per l’ipotesi numero due, aspettandosi da me lo stesso comportamento. E senza usare un argano per issarmi, per di più: free climbing fra le rocce e la vegetazione aghiforme e puntuta che infestano la zona. Chissà che non ci siano vipere, almeno… rifletto, fra me e me.
Getto il cuore oltre l’ostacolo, raccolgo forze e abilità, raggiungendo cuore - e marito - a monte del mucchio.  Orgogliosa di me, riprendo vigorosamente a camminare, sotto un sole che riscalda le ossa e risolleva l’umore: coraggio, mi dico, forse te la cavi anche stavolta.
Sotto di noi, una coppia ricalca i nostri passi: ma la graziosa signora, obbligata a inerpicarsi a sua volta, mostra chiari segni di cedimento. Ci mette una vita, per superare quei trenta metri. Jurassico, al mio fianco, borbotta tra i denti: “Ah, però… A mia xe meio…”
Quando parla in veneto, con quella faccia da feroce saladino che si ritrova, è credibile quanto me, se tentassi di parlare siciliano.
Soffocando un ghigno, lo stuzzico: “E chi sarebbe, ‘sta tua?
“Tu!!! Guarda tempo che ci mette quella a salire! Non c’è confronto, con te!”
Ahhhhh, finalmente! Lassù qualcuno mi ama: questa ne è la prova.
“Meno male. Razza di perfido: ogni tanto te ne accorgi, di aver sposato una femmina indomita!” gli ribatto, con aria offesa.
Mi aggiusta una sculacciatina, sorridendo, per riprendere la nostra camminata.
Il nostro passaggio è sottolineato dai fischi laceranti delle marmotte. Quelle devono avere notato i jeans grugn indossati da Jurassico: e mi sa che apprezzano. Apprezzano tanto che, dopo il rientro alla base, l'uomo ne becca una acquattata nel parcheggio,  vicino al nostro camper. Velocissimo, estrae la macchina per scattarle una foto: vistasi scoperta, la sua spasimante fugge al galoppo, rovinando il reportage del paparazzo. Costui si dovrà accontentare della giovane marmotta, immortalata in quota, nell’atto di fissarlo insistentemente da sotto a una roccia.
Devo stare in campana, è deciso: quell’individuo è troppo corteggiato.


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