Già una volta me lo sono scordato in auto, il gaglioffo, abbandonandolo in un posteggio sotto il sole. Dal momento che è accaduto quando aveva diciott'anni, il ragazzo è sopravvissuto. Traumatizzato, ma vivo: non paga di essere partita al galoppo mollandolo lì, ho anche chiuso l'auto inserendo l'allarme. Il poveretto ha trascorso un quarto d'ora appiattito contro il sedile, girando solo gli occhi... E con altre cose in rotazione vorticosa, ovviamente.
Stamattina, quasi quasi ci riprovo: pronta per uscire, ero fermamente intenzionata a inserire l'allarme di casa. Peccato che il nostro non sia a scuola, ma addormentato in camera sua.
Per fortuna è entrato il gatto, che mi ha - non so come - ricondotto alla realtà.
Diversamente, sai che sveglia, povero Matteo...?
Sono una catastrofe. Non c'è speranza.
martedì 27 giugno 2017
Sempre a proposito di figli dimenticati...
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Sempre a proposito di figli dimenticati...
2017-06-27T09:57:00+02:00
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Distrazione cronica
venerdì 23 giugno 2017
Esami in corso
Ovvero: facciamoci riconoscere. Sempre.
Primo giorno, prima prova: ore 13.00. Il gaglioffo fa per consegnare il compito, e il commissario (esterno) gli suggerisce di andare al posto, a rileggerlo ancora una volta.
Il nostro esegue, e dopo tre minuti torna alla carica.
"Prof, vorrei consegnare."
"Ma... Sei sicuro? Non ci vuoi pensare ancora un po'?"
"Prof. Ho fatto due brutte copie, una bella copia, l'ho riletto così tante volte da averlo mandato a memoria... E poi, insomma: è l'una. Ho fame!"
Il compito è stato ritirato.
Secondo giorno, seconda prova: stessa scena. Stavolta il presidente di commissione ha decretato che il compito si può consegnare non prima di quattro ore.
Il gaglioffo, che ha studiato diritto e si sente (purtroppo...) inizia a berciare che la legge dice altro, che il Ministero ha chiarito che dopo tre ore si può consegnare, che lui ha dei diritti, che ci va a parlare lui con il presidente...
Il commissario interno prende dieci anni in dieci minuti, va a perorare la causa del nostro giovane ribelle, e il compito va consegnato.
Il commissario esterno: "Bene, ciao Matteo! Ho già imparato il tuo nome..."
Fantastico. Mio figlio si distingue sempre.
Voglio morire...
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domenica 11 giugno 2017
Controllo antidroga
"Mimmi, sai che c'erano i cani antidroga in stazione a Milano?"
"Davvero?"
"Sì. Troppo carini... Io mi sono messa a coccolare quello che ha annusato me!"
"... E il carabiniere come ha reagito?"
"Prima si è messo a ridere, poi mi ha detto vada, vada, signorina!"
Mia figlia. Ostacolo alla vigilanza e intralcio a pubblico ufficiale!
"Davvero?"
"Sì. Troppo carini... Io mi sono messa a coccolare quello che ha annusato me!"
"... E il carabiniere come ha reagito?"
"Prima si è messo a ridere, poi mi ha detto vada, vada, signorina!"
Mia figlia. Ostacolo alla vigilanza e intralcio a pubblico ufficiale!
sabato 10 giugno 2017
Ultimo giorno di scuola
Ultimo giorno di scuola. Ultimo, ultimo: anche l'ultimo è arrivato alla meta.
O quasi. Siamo sempre in tempo a farci fregare all'Esame di Stato, però...
Però si chiude un ciclo.
E che ciclo, ragazzi: un ciclo iniziato ventitre anni fa - mannaggia, così tanti ne sono passati...? - nel più brusco dei modi.
Mamma totalmente impreparata, Jurassico mi ha gettata nell'arena delle riunioni plenarie, senza rete nè qualifica. Se ci ripenso, lo ammazzerei ancora adesso...
Ho superato questo ed altri traumi, vigliacche ostilità ed encomiabile supporto.
Mi sono sentita inadeguata, assente, troppo presente, insicura e cronicamente incerta sul da farsi.
Ne ho passate di cotte e di crude, con quei quattro, che mi hanno fatto vedere ogni possibile sorcio verde che mente umana possa concepire.
Ho incontrato dozzine di persone diverse, tra le quali alcune davvero splendide. A costoro devo moltissimo.
Ho dovuto cercare di dimenticare persone meschine, poche per fortuna, i cui comportamenti aberranti hanno messo a rischio la riuscita della mia improbabile impresa.
Ho fatto di tutto per supportarli, i miei quattro rampolli, per farli crescere dentro alla testa, almeno quanto lievitavano di statura, anno dopo anno.
Li ho visti cambiare, sbagliare, disperare e migliorare.
Con un paziente lavoro di cesello ho cercato di scolpire un messaggio, dentro al loro cuore prima ancora che nel loro cervello, capace di sfidare gli anni e accompagnarli oltre i banchi di scuola.
Li ho aiutati nelle difficoltà e spronati nelle sconfitte, tentando di insegnargli a vincere senza vantarsi e a perdere senza scoraggiarsi.
Ho sperato che imparassero qualcosa di buono dai migliori, e riconoscessero quanto certi errori possano essere pericolosi, nei casi peggiori. Ci sono docenti capaci di renderti una persona migliore, e cattivi maestri dai quali non c'è nulla da imparare. Ho provato a mostrare loro come distinguere gli uni dagli altri, senza mai perdere il rispetto, per gli uni e per gli altri.
Perché al di là dell'uomo, c'è il ruolo. E il ruolo va sempre rispettato, anche quando indegnamente interpretato.
Spero di aver contribuito a far di loro degli adulti in gamba e consapevoli, nonostante la mia distrazione cronica, le mie assenze forzate, la mia ansia malcelata.
L'esperienza con i maggiori mi conforta nelle mie speranze, mentre il corso di studi della Miss è una mano santa, per la sua e la mia autostima.
Ora tocca al gaglioffo. Da questo istante in poi, sta tutto a lui.
Stavolta sì, son dimissioni. Anzi, è pensionamento: ormai non saprò nemmeno più gli insegnamenti, altro che colloqui con i docenti.
Potrò fare solo da sfondo, limitandomi ad azzardare qualche consiglio, ben sapendo di essere destinata a rimanere quasi sempre inascoltata.
E' stato un cimento, arrivare fino a qui.
"Lo stiamo perdendo!"
"Lo mandi a zappare, non se ne può cavare altro"
"La vita seleziona. Sarà la vita a selezionare i vostri figli!"
Ok, disfattisti. Sfida accettata. Io credo nei miei ragazzi, e fino ad oggi la vita mi ha dato ragione.
Incrocio le dita, a partire dal 21 di Giugno. E che la sorte ci sia propizia!
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18:32
Ultimo giorno di scuola
2017-06-10T18:32:00+02:00
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venerdì 9 giugno 2017
Dimenticarsi un figlio
Rieccoli.
Rieccoli i Soloni della porta accanto, di Grandi Inquisitori della mutua, i
Caifa de noantri, tutti a stracciarsi le vesti per quella povera mamma di
Arezzo, mettendola in croce e gridando allo scandalo.
Stuoli
di non riprodotti, in cattedra a insegnare come si fa ad essere genitori
perfetti.
Orde
di genitori imperfetti, impegnati in una lapidazione di massa ai danni di quell’unica
dimostratasi più imperfetta di loro.
Ergendosi
dall’alto della loro piccineria, dozzine di omuncoli e donnicciole si sentono
eroi per un giorno, perché a loro non è successo. Perché loro no, loro non l’hanno
fatta un’enormità così.
Guardateli,
gli autonominati genitori di successo, quelli che “se fosse stata mia, io…”,
quelli che stanno sempre un passo avanti, finché non inciampano nei propri piedi,
e finiscono faccia a terra.
Stiamo
calmi, ragazzi. Stiamo tutti molto calmi, perché ci è solo andata di lusso.
Potevi
esserci tu, al posto della mamma di Arezzo, proprio tu che ti agiti tanto, e la
chiami madre indecente.
Come
si fa a dimenticare un figlio? Cos’è, una busta della spesa?
Si
fa, si fa. Fidatevi, si può fare, e non è nemmeno così difficile riuscirci.
Per
fortuna, io me lo sono dimenticato all’asilo, a fare la mascotte nelle riunioni
delle maestre, e non in auto, nel parcheggio dell’ipermercato. Ma mi sarebbe
potuto succedere, lo so, e piango per quella povera mamma, alla quale è
capitato sul serio.
A
chi si scandalizza, rispondo: non ti sorprendere, ragazzo. Basta essere sempre
di corsa, con dieci cose da fare nel tempo di tre, al centro del mirino perché
un figlio non ti deve rendere meno performante, oppure sclerato perché da quando è nato
non vedi altro che pappe, pannolini e popò. Le tre P che rovinano la vita del
genitore principiante. La quarta P che ti frega, assieme alla E. La E di esaurito,
perché quando i figli diventano due, tre o addirittura quattro – alcuni di noi
si vogliono male – diventa persino peggio. A dimostrare che al peggio non c’è
mai fine.
Se
lo porti sempre all’asilo, è l’automatismo a rovinarti: lo porti sempre, da
sempre, e confondi i ricordi. Così ieri diventa oggi, l’hai già lasciato a
scuola, e puoi andare al lavoro.
Se
non ce lo porti mai, è la mancanza di automatismo a fregarti: non ci sei
abituato, e fai quello che fai sempre, da sempre. Vai al lavoro, parcheggi l’auto,
e corri alla scrivania, infili il camice, ti lasci inghiottire dalla catena di
montaggio.
Se
lo porti qualche volta sì, qualche volta no, sei rovinato in partenza: nulla ti
può aiutare a ricordare, e se sei in overbooking il tuo sistema cerebrale
rischia d’impallarsi.
Basta
una volta.
Una
sola, maledetta volta, e tuo figlio non c’è più. E assieme con lui muori tu,
tutti quelli che lo amavano, e quelli che amano te. Perché chi ti ama sa che
sopportare il peso delle conseguenze della tua distrazione potrebbe riuscirti
impossibile.
Quindi,
facciamo tutti un enorme passo indietro e rispettiamo non un minuto, ma un’intera
decade di silenzio.
Se
ci sentiamo in vena di coinvolgimento, rivolgiamo un pensiero d’affetto, una
silenziosa preghiera per quella bambina che non ce l’ha fatta. E per la sua
mamma, per la quale la vita, da qui in poi, sarà solo sopravvivenza.
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MPC
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10:22
Dimenticarsi un figlio
2017-06-09T10:22:00+02:00
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