Ultimo atto

E’ finita. Una manciata di terra sull’urna, una preghiera in silenzio, un fiore sulla terra smossa.
Un ultimo addio al quale sei preparato, un estremo saluto invocato, al cospetto di una sofferenza crudele, senza scopo né possibile sollievo.
Eppure un momento tanto definitivo da scavarti nel cuore, rilanciandoti indietro con i ricordi, agli anni dell’infanzia, quando la sentivi quasi una bimba come te grazie ai suoi occhi limpidi e al suo sorriso ingenuo.
Una giornata radiosa e difficile, una cornice naturale in splendido rigoglio a confortare la tristezza del tuo cuore, un sorriso con gli occhi umidi, ricordando un momento felice.
Rientrare a casa, con l’amore mio sempre al mio fianco, a stringermi la mano esprimendomi così tutto quello che le parole non possono dire.
Tornare a casa, per vederla svuotarsi di colpo, restando vuota e silenziosa.
Eppure sentire proprio per quel vuoto e quel silenzio il cuore riempirsi di una gioia profonda. La gioia di una mamma di fronte a un sogno realizzato.
I quattro dell’Apocalisse, le belve capaci di rendere la Stamberga uno stallatico e la mia vita una corsa senza fine, i fratelli ormai separati dalla vita, i quattro pronti a riunirsi di nuovo.
Riunirsi per affetto, perché appena possono trovano il modo d’inventarsi un momento tutto fraterno, non perché mammina cucina per tutti e papà li raccoglie, come un cane pastore con il suo gregge di pecore.
Osservarli brigare per ritagliarsi occasioni d’incontro, tra esami conclusi (felicemente), reperibilità lavorative e vacanze in avvicinamento.  Ieri un gelato a casa del fratello, molto presto un’uscita per una pizza, rigorosamente vietata ai maggiori di trent’anni. Spero ci permetteranno d’intervenire almeno come finanziatori occulti…
Pensare a come siamo partiti, ai pronostici nefasti formulati dal mondo su di loro, le fosche attese di chi non ci credeva proprio alla tenuta di una famiglia costruita sulle macerie.
E guardarli ora, attaccatissimi tra loro, capaci di comprensione reciproca, orgogliosi l’uno dell’altro, fieri dei meriti, tolleranti con i difetti. 
Uniti. 
Saldi nell’affetto, nonostante le differenze del DNA che tanto sembrano fondamentali a chi invoca  una non ben indentificata voce del sangue. A dimostrare che la genetica può servire ai RIS, ma per i sentimenti veri è irrilevante. Se in una famiglia è l’amore a dirigere l’orchestra, prima o poi da tanti strumenti diversi si passerà da un’accozzaglia di suoni disarticolati a un’armonia straordinaria. Un concerto capace di scaldarti il cuore e dare un senso a tutti i tuoi sforzi, ai tanti sacrifici, alle lacrime versate.
Grazie, ragazzi miei. Siete la mia consolazione e la mia gioia. 

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