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Visualizzazione dei post da agosto, 2011

Non me l'avevano detto

Nessuno mi ha avvisata. Quando li dovevo inseguire, imboccare, redarguire, educare e sorvegliare, speravo solo di invecchiare: sarò rugosa e inflaccidita, mi dicevo, ma almeno non dovrò più fare la balia asciutta. Attendevo il mio autunno come d’inverno aspetto la primavera: il momento nel quale per star loro accanto mi sarebbero bastate una bici, un asciugamano da spiaggia, la seggiola della cucina o il divano del salotto. Sarò una signora, m’illudevo.   Quando non dovrò più comprimermi il cervello per comunicare con loro sarà tutta in discesa, vagheggiavo. Invece, mi è arrivata la mazzata. Ho scoperto che il mio secondo nome è Sisifo, ma nessuno me l’aveva mai detto. Gli anni sono passati, le rughe non sono più solo d’espressione, la forza di gravità ha raddoppiato la sua intensità, trascinando verso terra tutti i miei profili, ma le difficoltà, brutte infami, sono ancora tutte lì. O quasi. E non parlo solo di problemi seri. Quelli possono essere immensi, checché ne

HELP! Fermate il mondo, voglio scendere...

Gente, qui la vedo dura. Anzi, durissima: non so se sia per questi pochi giorni rubati che ci siamo concessi Jurassico ed io, oppure per l'appropinquarsi della riapertura delle scuole, ma qui ventiquattro ore non mi bastano più. Suddividendo il mio tempo un po' per uno, dedicando a ognuno dei cinque una fetta della mia giornata, mi sono ridotta all'ombra di me stessa. Per lavarmi la testa, battere queste poche righe e levarmi almeno lo smalto scheggiato dalle mani, ho dovuto scacciare Jurassico dalla camera da letto (nonchè mio studio: ho la scrivania accanto al letto, addossata all'armadio. Per i miei spazi personali, devo sempre trovare soluzioni di fortuna...) e reclamare almeno mezz'ora per me stessa. Peccato non avessi gli occhiali a portata di mano: nel tragitto per andarli a raccattare, sono stata placcata dal gaglioffo. Inchiodata a una sedia, mi sono ripassata la retta e la sua equazione, con una piccola anticipazione su iperbole e parabola: passando, per

Nonostante me

Piove. O, meglio, è piovuto per un paio di giorni: la colonnina di mercurio è crollata sotto quota cinque,   incarcerandoci in camper. Pigri e rilassati, abbiamo divorato quintali di carta stampata, dedicandoci al riposo e ai piaceri gastronomici. Jurassico ha scovato un posticino che sembra fatto apposta per me: oltre al normale set di posate e tovagliolo, il coperto prevede anche il bavaglione. Un mezzo lenzuolo, da avvolgersi attorno al collo, mentre si attacca una ciotola zeppa di pesce annegato nel brodino al pomodoro. Poiché, tuttavia, le mie capacità distruttive sono in grado di inattivare qualsiasi misura preventiva, incluse quelle antiatomiche, sono riuscita a metter su un teatrino fantozziano anche in questo caso. Alle prese con un numero spregiudicato di frutti di mare, mi sono messa a manovrare le valve delle conchiglie come fossero lanciagranate, sparando sugo in tutte le direzioni; uno spruzzo mi ha raggiunto persino la testa. Suggerirò ai meteorologi di dare il mio

Facciamoci riconoscere

I miei livelli d’inettitudine stanno raggiungendo quote preoccupanti. Rompo un bicchiere nel lavandino, con modalità che tutt’ora mi sfuggono. Lo recupero con ogni precauzione, smaltendolo all’istante nel relativo bidone: solo che, proprio in quel mentre, vedo sfrecciare Corradino, il quale s’inoltra, furtivo, nel giardino dei vicini. Tanto basta per distrarmi: e far sì che l’ultimo dei vetri che ho in mano mi scivoli fra le dita, affettandomi un polpastrello. Solito scenario pulp, con la sottoscritta che raggiunge il bagno, sanguinando, alla disperata ricerca di cerotti e medicazioni varie. Per fortuna, i Gremlins non sanno usare i punti adesivi – o forse non ne conoscono nemmeno l’esistenza – così di quelli ne trovo un paio di confezioni, stagnando l’emorragia. Di volgari cerotti, viceversa, resta un unico esemplare superstite: un cerotto a farfalla, di quelli fatti apposta per le dita. Scampato alla furia distruttiva dei miei rampolli, forse proprio per la sua forma difficilm

Giovani dentro

Ma non fuori, purtroppo. Quando mi alzo e mi guardo allo specchio resto sempre delusa: che c’entra quella sioretta con me? Ero convinta che l’invecchiamento non mi avrebbe mai coinvolta: sono stata una titolare giovanissima, una mamma giovane, una moglie giovane. E mentre gli anni rotolavano, affastellandosi sulla mia groppa, io correvo talmente veloce da non rendermene conto. Con la conseguenza che oggi mi sento una trentenne, ragiono come quando avevo quell’età e, lo confesso, mi comporto di conseguenza. Il giorno in cui cederò di schianto, abbattuta da una delle mie imprese assurde, non compatitemi: me la sarò cercata. Lo ammetto pubblicamente. E’ una persecuzione, però: io e il mio fisico non andiamo d’accordo. Da sempre. Da ragazzina, ero un soldino di cacio: mi levavano almeno cinque anni, rispetto alla mia età anagrafica. Il che, se capita adesso, è grasso che cola, ma allora mi faceva arrabbiare da morire. Magistrale il colpo vibratomi da una signora, la quale, udit

Attacchi in formazione

Qui siamo sotto attacco. Vietato avventurarsi in giardino: come metti piede fuori, commandos di zanzare ninja si avventano su di te, crivellandoti di morsi. Nulla le ferma: uno dovrebbe fare il bagno nel repellente, anche se deve solo ritirare il bucato dai fili. Ieri sera, per esempio, ho precettato il gaglioffo per aiutarmi a ripiegare le lenzuola asciutte: dopo due minuti, eravamo ridotti come due colabrodo. Sia stata la fretta di fuggire, oppure l’inesperienza del mio collaboratore, fatto sta che, a operazione completata, mi sono trovata fra le mani un origami. Mio figlio, saggio, ha ribattuto alle mie proteste: “Mamma, che differenza ti fa, una volta messe nel letto? Mica ci vai a ballare, con le lenzuola…” Aveva ragione. Una bella pressata a mano, e l’origami è finito nell’armadio. Con questo caldo, riduco al minimo sindacale anche l’utilizzo del ferro da stiro. Dopo un’oretta circa, incidente diplomatico: un amico lo invita a fermarsi a dormire a casa sua. Il nostro

Ci vuole un fisico bestiale

Ci perdo il sonno, con ‘sti figli. Ci perdo il sonno per la Miss, che comincia a far tardi la sera: è al sicuro, accompagnata da un bravissimo ragazzo, lei è una con la testa sulle spalle e sono a passeggio a trecento metri da qui. Ma fino a che non la sento rientrare, la fibrillazione non molla: cuore di mamma non è raziocinante. Batte, batte, batte, e basta. Mi sveglio all’alba, destata dal tramestio prodotto da un figlio, spinto dall’urgenza di ripassare qualcosa all’ultimo minuto. E vai, che il cuore inizia a sanguinare… Notte prima degli esami: esami dei figli, per i quali mi contorco come un lombrico, come mai mi è accaduto prima. Considerato quel che ho sofferto, ai miei tempi, temo siamo vicini alla soglia del non ritorno. Vorrei spronarli, quando non s’impegnano abbastanza, e sollevarli, quando si preoccupano troppo: vorrei poterli guidare, confortare, consigliare e sostenere. E invece mi devo defilare, restando presente senza farmi notare, disponibile senza int