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Visualizzazione dei post da marzo, 2011

Amnesia on demand

Soffro di amnesie. A comando: per esempio, ieri non ricordavo di compiere gli anni. Peccato che, viceversa, la folla dei miei familiari si fosse segnato l’evento sui cellulari, che hanno iniziato a trillare da prima dell’alba. Così, appena aperto l’occhio, mi ritrovo con un bacetto stampato in fronte: “Auguri, amore!” “Grazie.” Sospiro desolato. “Certo che sto diventando sempre più vecchia: quarantasette! Sono un’enormità!” mi lamento, aggrovigliandomi al marito, in cerca di un impossibile conforto. “Già. Mi sa che è arrivato il momento di cambiarti con due pollastrelle!” è la sua efferata risposta. Quando si dice rigirare il coltello nella piaga… Mi irrigidisco, ritrovando un po’ di dignità, e rispondo, piccata: “Ah, lo sai allora che questa gallina qui vale ben due pollastre!” Con una risata, mi spedisce fuori dal letto: “Cammina, va’, alzati: che ti faccio il caffè!” Ecco. Quello mi ci vuole proprio. Uscendo dalla camera, inciampo nel figlio numero due, appena sbarcato dal camper

Aria di primavera

Sono giorni difficili: la primavera, dopo alcune false partenze, sembra intenzionata a esprimere il meglio di se stessa. Il che, manco a dirlo, spinge i miei coinquilini a dare il peggio di sè. Ieri abbiamo sfiorato l'incidente diplomatico: dopo un'infruttuosa battuta di caccia in tutti gli armadi di casa, ho obbligato il maggiore a una perquisizione anche in quello installato nella loro spelonca. Come previsto, la pro wind jacket (nuova di palla) che papà reclamava da giorni era abilmente mimetizzata tra le loro tute scalcagnate. Dorothy spesso mischia, ma loro archiviano sistematicamente senza guardare: li odio. Vorrei distruggerli, qualche volta.  Stamattina, vittima di una crisi di masochismo, sono entrata nella camera del gaglioffo, per fare il punto sullo stato del suo guardaroba. Non l'avessi mai fatto.  Ecco l'inventario degli orrori rinvenuti sul posto:  - numero cinque calzini, in rapido aumento, equamente distribuiti sotto il letto, la scrivania, intorcinati

Fantapolitica d'antan

E' domenica, tarda serata. Siamo sopravvissuti anche al ritiro pre-Cresima e tutto sembra tranquillo. Il buio avvolge la Stamberga, resa silenziosa dall'assenza di Jurassico: lui è di guardia in ospedale, noi siamo distribuiti qui e là, uno per PC. I ragazzi sepolti nelle cuffie, io sepolta nella lettura del giornale. Ormai, anche quello in versione PDF: mi sono definitivamente convertita alla tecnologia.  D'improvviso,  la porta della mia stanza si spalanca e il gaglioffo esegue uno dei suoi ingressi a effetto. Con le guance arrossate e gli occhi scintillanti, dichiara: "Mamma, ho tutto in testa." "Tutto scritto qui!" continua, toccandosi la scatola cranica con l'indice, "Sono due ore che ripasso Storia!" proclama, con orgoglio.  "Ah. Ora capisco l'aria stravolta. A che dobbiamo tanta dedizione?" mi informo, stupita. Non è da lui, un impegno così indefesso.  "Domani ho la verifica di Storia e non ho intenzione di fare

Noi, gente di un certo livello...

Siamo degli epicurei. Le gozzoviglie, in casa nostra, si protraggono invariabilmente fino a tardi: con enorme soddisfazione del proprietario della caverna, alias Jurassico, e di Mpc, in veste di cuoca. Non avessimo paura di ridurci a due dirigibili, inviteremmo i nostri amici un giorno sì, e l’altro pure: sono troppo divertenti. Se per il menù sono agevolata dalla mia incoercibile passione per la cucina, per l’organizzazione della location è vitale collaborazione della Miss. Rapida come un furetto, s’incarica di apparecchiare la tavola, sistemare il bagno e riordinare in giro, trasformando la Stamberga, in meno di mezz’ora, in un luogo accogliente. Una fata. Sua madre, viceversa, è spesso costretta a una lotta improba, per non presentarsi a tavola in versione megera. Ieri, per esempio, portavo incise, sulla chioma, le conseguenze di un errore risalente a poche ore prima: lo scambio degli spogliatoi.   In piscina ero finita, per sbaglio, nello spogliatoio dei maschietti. Problema rela

Le focaccine di Casa per Caso

Ecco la ricetta delle focaccine adorate dal pusher in erba. IN erba, non DI erba: meglio chiarire. Di questi tempi, anche alle medie c'è chi arrotonda il bilancio con mezzi non convenzionali.  750 g farina da focacce 130 g olio semi 130 g zucchero 470 g latte (pesato!) 1 bs vanillina rapatura di agrumi 1 sorso di liquore 1 presa di sale 2,5  cucchiaini di lievito di birra disidratato gocce di cioccolato q.b. Impastare assieme tutti gli ingredienti, dopo aver intiepidito leggermente il latte, evitando accuratamente di mettere il sale in contatto con il lievito.  Far lievitare (una mezz'ora c/a) in un luogo tiepido, tre volte di seguito, riprendendo l'impasto e lavorandolo con energia, ogni volta. Gli impasti lievitati più vengono malmenati, più diventano elastici: lievitano meglio e, dopo la cottura, risultano più soffici. All'incirca come i figli: più sei decisa nel lavorarli, meglio vengon su. Scuola Montessori, la mia, of course... Ma torniamo a noi. Questo impasto

Patti e baratti

Il bandito ha ripreso il suo regime alimentare normale: da ieri sera, disco verde anche sul consumo di latte. Risultato: nebulizzati gli ultimi due litri, entro le sette del mattino. Ho partorito un sifone. Quanto alle focaccine, quelle non hanno mai smesso di volatilizzarsi: neppure quando, under virus attack,  si nutriva di solo riso. “Mamma, ti giuro che non sono io che le mangio!” “E allora com’è che svaniscono? Autodistruzione?” Gli altri componenti della famiglia erano esclusi dalla rosa dei sospetti: un paio in quanto forniti di solido alibi, uno  non ama il cioccolato amaro, altri teme di trasformarsi in Brufolo Bill, eccedendo col consumo. “E’ stato per via dei compiti” “Che compiti? Facevi i compiti mangiando focaccine, disgraziato…???” “No, no! Io e D. abbiamo fatto un patto.” “Un patto? Che patto?” “Lui mi portava i compiti e io lo dovevo pagare. In tortine.” “Più che un patto, a me pare un ricatto…” “No, mamma, è un accordo equo. Fosse venuto quell’abdul di E., mi avrebbe

Organizzazione teutonica

Sono una catastrofe ambientale. Un ciclone tropicale, spesso promosso d’ufficio alla categoria uragano. L’uragano Valentina: è anche credibile. Il problema è che pretendo di fare quattro cose in contemporanea, illudendomi di riuscire a farle tutte bene: in realtà, commetto quattro errori al prezzo di uno.  O meglio, faccio pagare ai quattro il prezzo degli errori di quest’una. Poveri figli miei. Metto a cuocere la cena, seguo due lavatrici,  un’asciugatrice e due forni, a tempi alternati, cercando (invano)  l’ottimizzazione della tempistica e dei consumi energetici. Da quando abbiamo installato il fotovoltaico, poi, sono diventata un’adepta del culto di Ra. Sembro un girasole: sempre rivolta verso il nobile astro, faccio coincidere i picchi di utilizzo degli elettrodomestici con le ore di massimo irraggiamento.  Peccato che queste coincidano con i picchi delle incombenze domestiche: e che – ahimè! – io riempia i tempi morti navigando nel web. Aumentando il già elevato tasso della mia d

Passeggiate in solitaria

Ogni tanto, prendo e vado. Cammino per chilometri, auricolari inseriti - dettaglio per il quale vengo sistematicamente dileggiata  dal manigoldo: "Mamma, sei vecchia per queste cose!" - smaltendo adipe e tensioni. Tensioni, soprattutto: la convivenza con quei cinque è un bel cimento, anche per una combattente come me. Considerati i miei dati anagrafici, tali scorribande possono costituire un pericolo giusto per le mie articolazioni: i pappagalli in vena di molestarmi si dovrebbero essere estinti. Per fortuna.  All'epoca dei miei verdi anni, nel Far Nordest, era costumanza sottolineare il passaggio di ogni ragazza appena passabile con richiami, fischi laceranti e commenti sessisti, muggiti dalle auto in corsa, i motorini e persino dalle bici. Un'abitudine che francamente non rimpiango.  Esistevano poi problemi di ordine pubblico.  Una mattina, a Padova, passai accanto a un cantiere stradale, dove un martello pneumatico teneva ottima compagnia agli abitanti del circonda

Problemi di coppia

Succede anche nelle migliori famiglie: figuriamoci nella nostra, dunque. Jurassico mi aveva chiesto di lasciargli l’auto, per andare a giocare a tennis: dopo dieci ore filate di assenza da casa, durante le quali nessuno mi ha ripetuto l’avviso tre o quattro volte – condizione necessaria perché non me lo scordassi – gliel’ho fregata, per andare a sguazzare in piscina. L’ho costretto a quaranta km al volante del catorcio: zozzo, col serbatoio vuoto e la fiancata rientrante. Roba da vergognarsi. Per fortuna era buio: le pecche si notano meno, con le mezze luci. Come se non bastasse, non ho avvisato i figli di lasciargli un paio di spiedini, per cena. Quelli, affamati come lucci, si sono divorati anche gli stecchini: lasciando alle loro spalle due sparuti tozzi di pane e quattro funghi macilenti. Dura, dopo aver saltato anche il pranzo. Per fortuna, sono tornata prima di lui: così, con i residui fungini, ho allestito un risotto di salvataggio. Che va anche meglio, dopo un allenamento d